
Luca Abete: «Io, fratello maggiore degli studenti che incontro. Li educo al “rialzismo”»
L’inviato di«Striscia la Notizia» all’Università Parthenope: «Ai ragazzi spiego che ogni caduta è un trampolino di lancio. Non reagisco a chi mi insulta e aggredisce in tv perché sono un pacifista, nato nello stesso giorno di Gandhi»
Un ospite d’eccezione, Andrea Settembre, fresco del successo sanremese, ha varato ieri mattina, giovane tra i giovani, all’Università Parthenope, l’edizione 2025 di #noncifermanessuno, il tour motivazionale ideato e condotto da Luca Abete. Il popolare inviato campano di Striscia la Notizia continua così ad affrontare temi attuali e diffusi tra i giovani come la solitudine, il disagio esistenziale, il senso di inadeguatezza portando negli atenei italiani ascolto reciproco, confronto proficuo e supporto concreto.
Undicesima edizione, otto tappe da Napoli a Milano. Ma quando è nato nel 2014 il tour motivazionale pensava di arrivare a tanto?
«All’inizio c’era un po’ di scetticismo, soprattutto nell’ambiente accademico dove si è abituati a parlare di successo, profitto, voti alti e non di sconfitte e cadute. Alla fine sono stati gli stessi ragazzi a decretare la buona riuscita del tour raccontando e condividendo le loro storie».
Quanti studenti ha incontrato fino ad oggi?
«Ho perso il conto … ma credo oltre 50 mila».
E che cosa raccontano?
«Il disagio esistenziale, le difficoltà quotidiane, anche relazionali, con amici, in famiglia, all’università. Parliamo tanto di cervelli in fuga ma poco di cervelli in gabbia, di ragazzi che restano ma si sentono senza via d’uscita, che faticano a trovare stimoli, ispirazioni, sommersi da pensieri cupi che limitano il loro potenziale».
Il claim dell’edizione 2025 è «Nessuno è solo». Perché?
«È una provocazione, la solitudine esiste e si manifesta in molteplici forme. Certamente i social non riescono a relazionare nel modo giusto perché la percezione che offrono è diversa dalla realtà. Bisogna allora cercare altre connessioni al di fuori di quelle abituali, accorciando le distanze tra coetanei e con il mondo degli adulti. I social ci hanno insegnato a contare gli amici. Ora impariamo ad averne davvero. Dico sempre che la solitudine è un carcere ma chi sta dentro è allo stesso tempo detenuto e carceriere. E quindi, se vuole, ha anche la chiave per poter uscire».
Quando sale in cattedra cosa dice ai ragazzi?
«Metodologicamente non c’è nessuno in cattedra, siamo tutti sullo stesso piano. Io sono un apripista, un maestro di cerimonie che si pone come obiettivo di aprire la mente su una serie di traiettorie. Sono il fratello maggiore che può dare un consiglio. Non amo le lezioni di vita, i ragazzi hanno bisogno di ispirazioni. Rispondendo alle loro domande, ho la possibilità di conoscermi meglio anche io che da ragazzo ero molto timido».
Le capita di rincontrare nel corso degli anni e delle edizioni giovani che ha conosciuto durante il tour?
«Ad ogni tappa ne ritrovo sempre due o tre che mi raccontano come è andata la loro vita. La soddisfazione più grande è quando rincontro studenti che erano pronti ad abbandonare l’università. Potete immaginare la mia gioia quando mi dicono che dopo quelle due ore e mezzo di talk hanno trovato gli stimoli giusti per andare avanti».
Che cosa è il rialzismo?
«L’arte di trasformare ogni caduta in un trampolino di lancio, vera e propria occasione per sfruttare in modo utile le battute di arresto a cui la vita inesorabilmente ci sottopone. È la filosofia che portiamo avanti in ogni tappa del tour».
Luca Abete è detentore di una serie di primati. Molto curioso è quello dei selfie che lei si scatta, uno al giorno, ininterrottamente, dal 2010, da quando cioè il selfie non esisteva ancora.
«Sì, si tratta di One Photo One Day, un’ esperimento di comunicazione fotografica giorno per giorno. Sono arrivato a 5215 selfie, ne ho uno anche con Papa Francesco a cui mando un abbraccio grande»
L’altro primato, non invidiabile, riguarda le aggressioni fisiche e gli episodi di violenza che ha accumulato come inviato di Striscia la Notizia. Ma come fa a non reagire mai?
«Io sono un pacifista ad oltranza, non a caso sono nato il 2 ottobre, lo stesso giorno di Gandhi. Mi ispiro a lui, alla non violenza. D’altra parte mica posso adeguarmi a chi è peggio di me?»
Ma nel negozio degli smartphone a prezzi stracciati ma solo se paghi cash, a Napoli, ha avuto paura?
«Sì, nel momento in cui il titolare ci ha chiuso dentro, avrebbe potuto fare tutto quello che voleva. Però ho avuto l’intuizione di dirgli che c’erano telecamere nascoste dappertutto e così l’abbiamo fatta franca».
Capitolo haters, sui social la perseguitano…
«Io li chiamo AbHaters… però ora sono di meno, in passato avevo più odio intorno a me. Ma c’è anche tanta gente che mi vuole bene, gli stessi soggetti che nei servizi urlano, imprecano e minacciano, una volta spente le telecamere, chiedono un selfie con me».
Terzo primato, 20 anni di Striscia. È ormai il veterano della squadra?
«No, no, prima di me ci sono Dario Ballantini, Valerio Staffelli, Jimmy Ghione, Max Laudadio. Non lo voglio questo primato, preferisco restare sempre il più giovane».